Le
scelte urbanistiche non sono mai imparziali, decidono quali interessi
privilegiare.
Per
questa Amministrazione devono essere gli interessi diffusi.
L'incontro
con gli interessi privati avviene nel quadro di un sistema di scelte
riguardanti il territorio autonomamente definite dal soggetto pubblico che
rappresenta gli interessi dell'intera comunità.
Il
disegno e l'assetto della città non possono essere determinati dal succedersi,
giustapporsi e contraddirsi di una serie di decisioni spezzettate, dovute alla
promozione di questo, di quello o di quell'altro promotore immobiliare.
L'obiettivo
primario è l'affermazione dei diritti dei cittadini, in termini di requisiti di
vivibilità che devono essere garantiti a tutte e a tutti: diritto all'ambiente,
ad abitare, ai servizi, al lavoro, all'istruzione, al tempo libero, alla
salute, alla mobilità, ecc...
Il
nostro punto di partenza: il piano urbanistico non può essere un patto
esclusivo con i proprietari immobiliari da cui escludere la grande massa dei
cittadini, la maggior parte dei quali vuole una città funzionante e vivibile e
che mai chiederà un permesso di costruire.
E'
un'idea che rifiutiamo perché illiberale, antisociale, in definitiva "anti-urbana",
che pretende di privatizzare scelte che riguardano beni per loro natura
"collettivi". IL SUOLO E' UN
BENE COMUNE.
Questo
diverso approccio, unitamente a scelte urbanistiche diverse da quelle del
passato, rappresenta quel segnale di discontinuità che la comunità moncalierese
si attende. L'istituzione comunale ha la necessità di recuperare una
credibilità, spesso venuta meno proprio nel campo delle scelte urbanistiche.
Vogliamo
estendere progressivamente il ricorso agli strumenti di partecipazione, ben
oltre a quanto individuato dalla legislazione vigente.
La
partecipazione alla formazione delle scelte è lo strumento per la sottrazione
dell'iter decisionale al terreno scivoloso dell'esclusiva contrattazione tra
operatore privato e vertici dell'amministrazione (politici e/o tecnici) e per
affermare il primato dell'interesse pubblico su quello privato e dell'interesse
diffuso su quello particolare.
Indubbiamente
la nostra impostazione è diametralmente contrapposta a quella presente nel
“decreto sviluppo” del Governo Berlusconi sulle aree industriali dismesse, che
qualora fosse attuato nel nostro Comune, troverebbe la nostra ferma
opposizione. Il rischio evidente è quello di spostare il potere decisionale sull’assetto
della città dall’ente pubblico all'operatore privato, legando il concetto di
sviluppo a quello di costruzione e di cementificazione.
Le
scelte urbanistiche ed un piano strategico di riqualificazione delle aree
industriali dismesse, che diventa quindi prioritario, sono invece per noi
l'occasione con la quale la collettività riflette e decide circa le modalità
sociali con cui la comunità insediata utilizza il proprio territorio.